

28 lug 2022


19 mag 2022


5 ago 2021


3 lug 2020


9 dic 2019


9 mag 2017


30 ago 2016


14 ago 2014


24 apr 2013


9 ago 2012


15 ago 2009
Our Recent Posts
Aggiornamento: 9 ago 2023
"Welcome to Jordan" è la frase che più spesso mi sono sentita rivolgere durante l'incredibile settimana trascorsa in Giordania, talvolta urlata a gran voce dai vivacissimi ragazzini che mi correvano intorno lungo le inerpicate strade di Amman, altre allegramente intonata dai giovani beduini del deserto allorché incrociavo i loro sguardi intrisi di un velato scherno e inaspettata gentilezza.
Un popolo straordinariamente ospitale e una terra aspra ma ricca di fascino e storia millenaria, formidabile crocevia di culture che nei secoli l'hanno attraversata, hanno reso il mio viaggio indimenticabile, unico. Speciale nonostante la fatica profusa, i chilometri percorsi a piedi sotto l'opprimente caldo estivo tra le meravigliose rovine archeologiche, la sete difficile da placare persino più della mia indomabile curiosità e l'iniziale sconvolgente impatto dato dall'incontro con un mondo sconosciuto, profondamente diverso, reso tuttavia attraente da quel tocco misteriosamente esotico e sottilmente profumato che lo delinea.
Il viaggio in Giordania per me è stato divertente e appassionato allo stesso tempo, un miscuglio di stupore e avventura, di avvolgenti sorrisi e panorami senza fine, fatti di colori cangianti e perenni rimandi a epoche antiche in un disperato tentativo di fusione con una controversa modernità che non trova mai pace.
Circondata per la maggior parte dal deserto, da paesaggi impervi e da timidi centri abitati che di rado si scorgono ai bordi delle strade, indolenti spettatori di un tempo che passa lentamente, la Giordania esprime la sua massima vitalità nella capitale Amman, cuore autentico e pulsante della cultura locale, per poi affievolirsi nella striscia di terra che corre lungo la sponda orientale del Mar Morto ed esaurirsi, molto più a sud, nella cittadina di Aqaba, unico sbocco giordano sul Mar Rosso e per questo, esclusiva sede portuale dedita allo scambio di merci.
Amman
Abitazioni dall'aspetto decadente, muri sbrecciati, edifici fatiscenti e quasi mai portati a termine: Amman si presenta ai miei occhi come un rincorrersi affannoso di case decrepite, un groviglio di identici scatoloni adagiati sulle sette colline (o jebel) che circondano la città, dove persino le strade, tutte naturalmente in pendenza, sembrano reclamare il proprio agognato spazio. L'omogeneità del paesaggio, dato dal colore bianco-avorio delle costruzioni, anche se sporcato dal tempo e dalle intemperie, comunque privato di qualsiasi elemento dissonante, conferisce all'agglomerato urbanistico un carattere struggente e romantico, i cui tratti vengono messi in risalto dalla luce del crepuscolo estivo, quando le pareti si tingono prima di sfumature ambrate e poi di arancione scuro, fino a sparire dietro il geloso sipario della notte.
Dall'alto della Cittadella, privilegiato belvedere della metropoli, osservo incantata questo interessante gioco policromo, seguo i riflessi degli ultimi raggi di un sole ancora infuocato che illumina le colonne del tempio di Ercole e, poco dietro, lo scenario cittadino dal quale spicca magnificamente il teatro Romano, fulcro della città, meraviglioso esempio dell'architettura imperiale e segno indelebile dei suoi antichi confini mediorientali.
Un'enorme bandiera, dai tipici colori giordani (nero, bianco, rosso e verde), svetta fieramente sul pennone e scruta dall'alto il pulsare frenetico della città. Spaziando ancora con lo sguardo, l'occhio si sofferma sugli innumerevoli minareti che spiccano dalle moschee di cui Amman è disseminata: da questi, per ben cinque volte al giorno, il muezzin modula le canoniche preghiere del Corano intonando una litania dai tratti drammaticamente esotici. L'armonia che si percepisce tra le rovine di epoca romana che mi circondano e il canto arabo di sottofondo che satura l'atmosfera fino a coprire i rumori del traffico cittadino, suscita in me un'emozione indescrivibile, che quasi mi commuove. Realizzo di trovarmi in un Medio Oriente inaspettato, un'oasi serena e perfino magica, un luogo dal carattere vivo e deciso, dove sentimenti di spiccata dedizione religiosa convivono perfettamente con un profondo senso di rispetto per il proprio patrimonio storico.
Il teatro Romano è splendidamente conservato e, come molti altri siti archeologici che visiterò nei giorni a seguire, mi affascina per la perfezione dei dettagli estetici, ma anche tecnici, acquisita in ere che oramai si perdono nel tempo. Realizzato su tre anelli, stupisce soprattutto per la forte pendenza dell'ultimo tratto, che probabilmente fu ottenuta allo scopo di ottimizzare lo spazio a disposizione tutt'intorno; salendo una serie di gradini sempre più scoscesi, si raggiunge la sommità del monumento dalla quale è possibile godere di un appagante panorama cittadino e di scorgere, in lontananza, persino le colonne della Cittadella.
Il cuore pulsante di Amman si trova nel souk (il mercato), dove vivacissimi negozi si snodano lungo il quartiere principale e le centralissime vie della città; qui la cultura e le tradizioni giordane si manifestano in tutte le infinite varietà di colori e profumi che le caratterizzano. Un allegro vociare di venditori richiama la mia attenzione con il loro cordiale "welcome to Jordan!", gruppi di donne passeggiano indossando il consueto foulard attorno ai capelli raccolti e, in alcuni casi, gli abiti lunghi fino alle caviglie che lasciano scoperti solo gli occhi scuri, enigmatici, perfettamente truccati e che quasi sempre si abbassano schivi ogni volta che incrociano i miei. Il caos regna sovrano, le strade sono affollate e dalle fila scomposte delle macchine incolonnate si solleva un ritmo perpetuo di clacson; ad ogni angolo vi sono bancarelle di souvenir, oggetti tipici, tazze e teiere dipinte a mano, saponi e creme per il corpo, e poi sacchi di spezie, te e frutta secca, caschi di banane, collane di arance, cassette di avocado, mango e fichi d'india. Intanto il vento caldo che arriva dal deserto soffia incessantemente facendo oscillare le tipiche kefiah rosse appese davanti ai negozi, accarezzandomi la testa ogni volta che vi passo accanto. L'unico modo che ho per abbassare la temperatura corporea è bere una freschissima granita alla menta e limone, bevanda tipica di queste parti, oltreché una deliziosa sorpresa per il mio palato.
L'ultimo quartiere che visito prima di salutare Amman è Rainbow Street, situato nella parte alta della città, su una delle sette colline che la formano: qui si respira un'aria più internazionale e certamente meno confusionaria rispetto al souk. Anche i locali sembrano diventare più lussuosi e curati, il brusio diventa meno invadente e il traffico inesistente; le case si trasformano in villini recintati e ornati da splendide barriere vegetative e persino la moschea, nelle ore notturne, si illumina di un verde sfolgorante che risalta nella notte.
Jerash, Monte Nebo e Madaba
Arrivo a Jerash in un pomeriggio assolato come tutti gli altri che caratterizzeranno la mia vacanza. In realtà, Jerash non offre molto altro al di fuori dello splendido sito archeologico che si sviluppa su una serie di dolci colline, oltre le quali si staglia, immobile e placida, la città nuova con le sue abitazioni perennemente bianco-avorio, intervallate qua e là della presenza, sporadica quanto sorprendente, di alcune piante verdeggianti. Piacevole stacco cromatico al mare sterminato color giallo-ocra che quasi ferisce lo sguardo a causa degli insistenti riverberi della luce. Solo dopo aver indossato la kefiah, acquistata all'ingresso del sito da un simpatico venditore ambulante che oltretutto mi spiega i passaggi per metterla correttamente, riesco a trovare un po' di sollievo dal soffocante calore del sole che picchia sulla testa!
La mia passeggiata nel passato ha inizio una volta superato l'arco di Adriano; tra capitelli e colonne dell'epoca greco-romana, ancora fieramente indifferenti al trascorrere del tempo, mi spingo fino alla grande piazza ovale e, attraverso il cardo, allo splendido anfiteatro greco. Proprio in questa settimana si svolge il Jerash festival di arte e cultura, così ogni angolo del sito è stato attrezzato con palcoscenici, casse acustiche, stendardi colorati, piccoli punti di ristoro. Purtroppo, a causa delle elevate temperature, il festival non ha inizio prima del tramonto, per cui con grande rammarico, non potrò assistere alle esibizioni previste per la serata. L'itinerario giordano che ho minuziosamente preparato da casa, ma soprattutto la mia inesauribile sete di avventura, mi costringono infatti a procedere e a non fermarmi oltre in questo sensazionale luogo, luminoso esempio di antiche e fiorenti civiltà.
Dopo aver lasciato il mio fedele zaino nel b&b di Madaba, dove trascorrerò la notte, mi dirigo sul Monte Nebo, una cresta montuosa e brulla, talvolta rossastra, posta a circa 800mt di altitudine; trovandomi in zona, non posso fare a meno di farvi una capatina per osservare da vicino il famoso memoriale di Mosè e, soprattutto, per cercare di scorgere, strizzando gli occhi all'orizzonte, i confini di Israele e della Palestina. Il mio interesse, di natura geografica più che religiosa, purtroppo non viene totalmente ripagato, perché le ore che precedono il crepuscolo caricano l'aria di una leggera foschia e il panorama risulta ahimè poco limpido. Non mi resta che godere del paesaggio ugualmente affascinante che si trova dalla parte opposta del monte, mentre degusto l'ennesima bevanda fresca della giornata e torno a farmi sopraffare, con rinnovato stupore, dalle emozioni che la Giordania - meraviglioso connubio di etnie, storia, arte e cultura - è già riuscita a regalarmi in appena due giorni di permanenza!
Madaba rappresenta principalmente una sosta notturna; il tempo a disposizione mi consente tuttavia di fare un rapido tour della piccola cittadina, scrutare l'imponente facciata della chiesa bizantina di San Giorgio attraverso la recinzione, e infine fermarmi a degustare, in un ristorante del centro storico, una delle cene che ricorderò con più piacere alla fine del viaggio. Mentre dalle casse del locale viene emessa una musica araba che crea un'atmosfera assolutamente originale, la tavola è sommersa da tipicità giordane e libanesi, falafel, hummus di ceci, fattoush, in un'eccellente e squisita combinazione di colori e odori, resa ancora più invitante grazie al magistrale impiego delle spezie locali.
Mar Morto (Dead Sea)
La strada che conduce al Mar Morto, a ben 400mt sotto il livello del mare - punto più depresso sulla terraferma - è desertica, arida, ciottolosa, priva di vegetazione, tanto che sembra portare ai confini del mondo, in un luogo segreto di cui io stessa comincio a dubitare dell'effettiva esistenza. Raramente il mio sguardo ammaliato incontra un piccolo accampamento di zingari, tende basse e larghe realizzate con panni di fortuna dai colori stinti, poco più in là qualche capra solitaria, a volte dei muli - o forse asini - in cerca di qualche misero ciuffo d'erba. Alla fine dei 30 km percorsi senza incontrare altre forme di vita, finalmente in lontananza scorgo le rive del Mar Morto: visto dall'alto, mentre continuo a scendere inesorabilmente verso l'estremo inferiore del mondo, mi appare sconfinato, saldamente ancorato ai mucchi di sale che lo immobilizzano. Solo la presenza di numerosi resort rende il paesaggio meno lunare, così come le lunghe distese di palme che ravvivano l'ambiente, altrimenti ostile.
Dopo anni di viaggi senza troppe pretese, tra ostelli e alloggi mai eccessivi, qui sul Mar Morto, famoso principalmente per i fanghi e le acque benefiche per la pelle, mi concedo una giornata di lusso: il pomeriggio lo trascorro galleggiando nel mare (esperienza che mi fa sorridere ogni volta!), usufruendo dei massaggi sul corpo con fanghi oleosi, di scrub di sale e di bevande ghiacciate all'ombra di una palma. Il mio tempo in questo angolo estremo e un po' surreale, termina nel bagliore di un indimenticabile tramonto osservato dal settimo piano della camera del resort che mi ospita.
Petra (Wadi Musa)
Il quarto giorno della vacanza è carico di aspettative: finalmente vedrò Petra, una delle sette meraviglie del mondo moderno e motivo essenziale di questo incredibile viaggio! Il tragitto per raggiungerla si presenta stavolta tutto in salita, visto che bisogna riemergere dai 400 mt in cui sono sprofondata il giorno precedente e superare, oltretutto, un varco montagnoso piuttosto massiccio, le cui cime rocciose ed eternamente spoglie sembrano lanciarmi un acuto sguardo di sfida. Mentre la macchina vira verso l'interno della Giordania, allontanandosi dalle rive del Mar Morto, osservo un'ultima volta la perfetta staticità di questo mare atipico, i suoi contorni delimitati da ammassi salini che gli conferiscono un colore splendente, quasi caraibico, in netto contrasto con il giallo della sabbia che lo stringe in un caldo abbraccio.
La lunga passeggiata nel sito archeologico di Petra è un viaggio all'interno del viaggio, un'esperienza che vive di vita propria, che vale l'intera vacanza, più del caldo subito e della fatica spesa durante una settimana intensa e irripetibile che, proprio come questa città, mi resterà scolpita nella mente.
Il sentiero si snoda attraverso un canyon monumentale (il siq), le cui pareti, maestose e dal classico color rossiccio, in alcuni tratti, per quanto vicine, sembrano toccarsi timidamente come a voler preservare dai raggi del sole, la magnificenza di un luogo intriso di una storia antichissima, seppure così splendidamente vivida, e di una bellezza naturale senza fine. Mentre si procede a piccoli passi lungo il percorso tortuoso, si ha l'impressione di essere catapultati in un'altra dimensione; il silenzio è mistico, solo di tanto in tanto giunge all'orecchio qualche lontana eco, che rimbalza da un versante all'altro del canyon, e che potrebbe provenire dalle voci urlanti dei turisti o dei beduini che ancora vivono qui. So che ci sono altre persone, ma in effetti è come se mi trovassi sola, tale è il senso di soggezione dinanzi a un capolavoro di simile portata. Viaggiare insegna ad essere umili, a rendersi conto di quanto siamo piccoli di fronte alla grandezza del mondo, delle ere che l'hanno attraversato, dei popoli che l'hanno abitato. A Petra realizzo quanto ciò sia vero. Gli occhi si colmano di gioia e la pelle si accappona quando, dopo circa 2 km, si giunge al Tesoro, la celebre tomba scavata nella roccia, monumento simbolo di tutta la Giordania, meravigliosamente conservato grazie alle pareti rocciose che la circondano e la proteggono dai venti del deserto. Qui si avverte un'energia incredibile, difficile da spiegare a parole; un fascino d'altri tempi mi rapisce e rimango col naso all'insù e lo sguardo concentrato sui dettagli di questo gioiello; sebbene non sia un'esperta né di arte né di archeologia, vengo travolta da una serie di emozioni, che vanno dallo stupore all'ammirazione, da un enorme senso di impotenza alla gratitudine. I Nabatei, antico popolo arabo, scolpirono questa città più di 2000 anni fa: cosa resterà di questa nostra epoca tra 2000 anni?
Il percorso continua per molti altri km (circa 15) e da un certo punto in poi, la strada si inerpica e si devono salire ben 800 gradini per arrivare al Monastero: architettonicamente, si tratta di un monumento molto simile al Tesoro, ma trovandosi in una zona meno protetta, risulta più esposto ai capricci del tempo e quindi presenta uno stato di conservazione meno ottimale. Nonostante lo sforzo fisico e le temperature per nulla umane, la camminata è divertente: ogni tanto incontro piccole tribù di beduini con le loro bancarelle ricche di coloratissimi souvenir, poi alcuni dromedari in compagnia del proprio padrone e infine diversi muli al galoppo che mi sfrecciano accanto cavalcati da giovani beduini che non mancano mai di offrirmi un giro, ovviamente a pagamento! Sullo sfondo prosegue l'antica città, le case scavate, i monasteri, il teatro: ogni scorcio regala una fetta di storia millenaria e di ineguagliabili abilità estetiche. La strada di ritorno è molto meno impegnativa, così in poco tempo, mi ritrovo di nuovo al cospetto del Tesoro. La maggior parte dei turisti, incantati quanto me dalla sua bellezza, si raccoglie qui, vero punto attrattivo dell'intero sito; una fila di dromedari, con indosso delle coperte dai colori sgargianti, giacciono a terra indifferenti, un po' annoiati, e solo ogni tanto vengono costretti dai beduini ad alzarsi per portare a spasso qualche turista irrequieto. Nel complesso, il paesaggio è davvero esotico, onirico, fusione di rimandi storici e cinematografici. La luce, che ora si tinge delle tonalità del crepuscolo, filtra attraverso il siq e dona una splendida sfumatura rosa antico alla tomba, mettendone in risalto tutti i particolari in un elegante gioco di luci e ombre. Sono un po' dispiaciuta che la mia visita sia volta al termine; mentre riprendo la strada serpeggiante che mi porterà all'uscita del sito, torno a girare lo sguardo più di una volta verso il Tesoro, finché questo, sparisce definitivamente dietro le pareti del canyon come dietro un sipario che si chiude alla fine di uno spettacolo, cui è davvero valso la pena assistere. Mi sento triste e fortunata allo stesso tempo, una strana sensazione.
Deserto del Wadi Rum
Per arrivare al deserto del Wadi Rum, dove passerò la notte in un accampamento di beduini, bisogna percorrere la famosa strada dei Re, spettacolare percorso che si insinua tra distese infinite di deserto e piccoli villaggi dove il tempo sembra essersi fermato a diversi secoli fa, in un groviglio di panorami mozzafiato, per quanto desolanti, che si stagliano su un cielo perennemente terso.
Nel deserto la sabbia cambia colore e diventa arancione e a tratti rossa, i raggi del sole vi si riverberano con una tale ferocia tanto che è impensabile sfilarsi gli occhiali scuri; tutt'intorno si erigono gruppi di imponenti rocce nude, l'aria è calda, pulita, straordinariamente luminosa. Al campo mi aspetta Abdoullah con cui ho preso accordi la sera prima tramite whatsapp (i tempi sono cambiati persino nel deserto!) - questi beduini sono così diversi da quelli di Petra, più gentili, affabili, incredibilmente ospitali. "Tè nero" e "relax" sono le due parole che mi ripetono con più frequenza nell'adorabile tentativo di farmi sentire a mio agio. Non faccio in tempo a posare il mio bicchiere vuoto sul tavolo, che prontamente uno di loro mi viene incontro per riempirlo con altro profumatissimo tè.
Il pomeriggio vola a bordo di una jeep, lanciata a grande velocità sulle dune del deserto, dove in alcuni punti il fondo sabbioso è molto soffice e quasi difficile da risalire, in altri è invece più compatto e provoca forti scossoni al veicolo, facendomi sorridere a crepapelle. Quattro ore corrono tra paesaggi impressionanti, unici, che più di una pellicola hollywoodiana ha fatto diventare famosi nel mondo là fuori. Sono dentro uno, o forse dieci film diversi, circondata da un mare sterminato di sabbia e ammassi rocciosi, da un vento dolcemente insistente che mi scompiglia i capelli e poi i pensieri. Sono in un luogo speciale, reso ancora più esclusivo grazie alla presenza di questi giovani ragazzi - i beduini - con i loro lunghi abiti e le kefiah arrotolate sul capo, i sorrisi cordiali e un po' strafottenti, l'eterna disponibilità e quel senso di rispetto che percepisco nei miei confronti e verso gli altri turisti con cui condivido l'accampamento.
La calda luce del tramonto accende il panorama e aumenta i contrasti tra la sabbia e le rocce soprastanti, l'occhio si perde in un orizzonte sconfinato mentre osservo la palla di fuoco nascondersi velocemente dietro la montagne e lasciare lo spazio alla notte che arriva lenta, discreta insieme a un silenzio perpetuo, immobile. I rumori e i ritmi della città sono lontani, sopra di me solo un manto di stelle scintillanti e, in lontananza, ancora le sagome delle pareti rocciose che sembrano offrire un riparo imperturbabile e sicuro dal resto del mondo che, da qualche altra parte, continua a muoversi senza sosta e senza un preciso motivo.
L'ultima chicca che viene regalata a tutti gli ospiti dell'accampamento è una fantastica cena a base di "zarb", un piatto beduino preparato con carne di pecora e pollo, cotto sotto la sabbia del deserto per un paio d'ore e condito con ottime verdure e salse. Una vera prelibatezza!
Mar Rosso (Aqaba)
Un tuffo nelle limpide acque del Mar Rosso è l'ultima esperienza che mi concedo all'interno di una settimana strepitosa, intensamente vissuta in ogni suo momento, in un sovrapporsi di emozioni contrastanti guidate da un sentimento di piacevole stupore che mai mi ha abbandonato.
La strada che porta verso Aqaba, città meridionale della Giordania, è di nuovo puntellata di massicci montuosi spogli e immancabilmente bruciati dal sole; i turisti che s'incontrano sono pochi, in quanto è percorsa in prevalenza da camion che trasportano lungo il paese le merci in arrivo attraverso il porto.
La zona dove trascorrerò il pomeriggio e la notte seguente è un po' atipica e direi depressa rispetto ai grandi e lussuosi resort del Mar Rosso battuti ogni anno dai turisti di tutto il mondo. L'Egitto, di cui intravedo le sagome brulle sullo sfondo, è infatti dall'altra parte della sponda. In realtà, dai numerosi edifici in costruzione, questa zona sembrerebbe trovarsi in una fase di espansione edilizia, ma per ora gode ancora di un'atmosfera di quiete: una serena nicchia sconosciuta ai più, dove il turista ha davvero l'occasione di entrare in contatto con la gentilezza e l'accoglienza delle persone che vi abitano.
L'Arabia Saudita è a soli 10 km di distanza e il paesaggio si fa ancora più aspro, desertico e arido. Il caldo è asfissiante, il sole cocente morde la pelle ed è praticamente impossibile pensare di stendersi ad abbronzarsi. Solo il mare si accende delle incredibili sfumature del turchese e dell'azzurro prima di buttarsi, al confine con la barriera corallina, in un blu intenso che mai avevo visto prima. Le palme, disposte in fila ordinate e un po' desolate, completano il quadro donando allo scenario un tocco magnificamente esotico ed abilmente bizzarro.
Come tutti i paesi lontani, per geografia e cultura, la Giordania rimane una meta che difficilmente avrò occasione di tornare a visitare, per cui voglio paragonarla a un sogno da congelare e conservare gelosamente nel mio cuore. Un'esperienza memorabile, ricca di storia e cultura, di incontri, immagini, profumi, colori, di luoghi fantastici e persone squisite.
Come tutti i paesi lontani, per geografia e cultura, la Giordania anche se può essere spiegata a parole come ho cercato di fare in questo post, andrebbe vissuta sulla propria pelle e in base alle convinzioni di ognuno, per poterla comprendere appieno.
Il deserto è certamente meraviglioso e sconfinato, Petra è senza dubbio un gioiello che toglie il fiato e i beduini sono di una sorprendente cordialità, ma nessuna descrizione, per quanto accurata, riuscirà davvero a far vibrare la mente e inumidire gli occhi e scalfire nella vita un momento unico e irripetibile le cui emozioni, anche a distanza di anni, saranno ancora vivide in ogni loro singola sfaccettatura.
Commentaires